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La manovra economica e i diktat europei

L’annuncio del governo di voler utilizzare il fondo “salva-banche” ripropone la questione della manovra economica e delle linee economico-finanziarie del governo giallo-verde.

 

Già la Banca d’Italia, nell’ultima relazione (del maggio scorso), aveva fatto il punto sulla struttura dell’economia italiana, con particolare riferimento al debito pubblico ed al vincolo di bilancio. Da questo punto di vista infatti aveva messo in guardia dall’aumento dello spread (al momento in cui si scrive si attesta intorno ai 300 punti rispetto ai circa 200 dell’inizio della legislatura) per le ricadute sull’economia reale (aumento dei tassi d’interesse e del credito al consumo).



Uno dei provvedimenti più discussi del governo Renzi è stato il decreto “banche popolari”: un provvedimento che ha previsto la quotazione in borsa anche delle banche popolari e cooperative, una misura che ha permesso il “salvataggio” di banche in procedura di fallimento come Banca Etruria, Veneto Banca, Banca Popolare di Vicenza e CariChieti e la “nazionalizzazione” del Monte dei Paschi di Siena.
Un’operazione complessiva che è costata allo Stato circa 11,5 mld di €.
Per quanto riguarda la Banca Etruria la questione si è risolta con l’annullamento delle sanzioni alla Consob (per mancata vigilanza) e la richiesta di archiviazione per Pier Luigi Boschi (padre della ex ministro Maria Elena e già presidente Banca Etruria)
Nell’attuale legge di bilancio (il dpef scritto e approvato in Consiglio dei ministri la scorsa estate) sono previste misure (per il 2019) per un importo complessivo di circa 37 mld €. Una manovra che prevede (nelle linee generali) misure ampiamente annunciate in campagna elettorale come reddito di cittadinanza, flat tax e abolizione della legge Fornero (ma tutte queste misure da dettagliare, per questioni amministrative e di bilancio, con provvedimenti successivi).
La questione che ha tenuto (e che tutt’ora sta tenendo) banco sin dall’approvazione in Consiglio dei Ministri (ma ancor prima dalle enunciazioni in campagna elettorale) è stata quella della compatibilità del DEF alle direttive economiche della Commissione Europea, in particolare quelle che riguardano rapporto deficit/pil e “fscal – compact”. In merito al primo punto la soglia per il 2019 è stata fissata entro il 3% (al 2,4%) ma considerata dalla Commissione troppo alta (tanto da essere minacciata di incorrere in procedura d’infrazione). In realtà la percentuale del rapporto prevista in seè non è tale da far scattare la procedura, la questione sono le stime di crescita per l’Italia nello stesso anno e soprattutto le politiche economiche (soprattutto reddito di cittadinanza e abolizione della legge Fornero) agganciate alla manovra.

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