artecultura

Dall’Afghanistan storie di nostalgia in parole ed immagini

Nella “stanza” del Musma (Museo di arte contemporanea) di Matera si è svolta la performance di Elias Alavi, poeta e visual artist.

Un racconto di case e di vento (“That I could fear a door” è la personale dell’artista allestita ), dalle terre dell’antica Persia fino agli altrettanto antichi Sassi di Matera. E pareva di sentirlo il vento dell’est nella lingua farsi di Elias. Ed anche quelle case, nella nostalgia dei suoi versi, che in tanti come lui hanno dovuto abbandonare.

E’ c’è chi come Elias Alavi vive in Australia. Ed in tanti anche qui da noi. L’artista è originario dell’Afghanistan, del gruppo etnico degli hazara. Una terra che in molti, a più riprese, hanno dovuto abbandonare. Da ultimo con il ritorno al potere dei talebani dopo il ritiro delle truppe americane.

La “stanza” allegorica delle installazioni “è quella citata nel “De vulgari eloquentia” – spiega Simona Spinella, curatrice della personale insieme ad Exo Art – ciò che nella metrica poetica rappresenta la mancanza.” Quella fisica è negli ipogei di un Palazzo nobiliare (adibito a Museo), alle spalle della Cattedrale e di fronte alla murgia, con la sua Gravina.

La nostalgia di Elias allora si fa sale, che porta “in processione” negli ipogei del Musma a lambire le sculture. Fino alle sue installazioni. Luci rosse al neon per delle frasi della sua tradizione. Come quella “dell’acqua del the che non è sangue” o quella “dell’ahi com’è lontana la mia casa”.

La performance è stata coadiuvata da Francesco Zaccaro che ha letto i versi in italiano di Alavi e da Caterina Orlandi, violoncellista.

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