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Francesco Curcio, il procuratore gentile

Campano, viene dalla stessa scuola di Catello Maresca e Raffaele Cantone (quella procura di Napoli che ha combattuto la camorra, in particolare il clan dei casalesi), con cui ha condiviso i successi del contrasto alla criminalità organizzata. Il magistrato originario di Polla (ma nato a Bari) ha lavorato anche presso la Procura nazionale antimafia.

Esperto, dunque, di lotta alla criminalità organizzata, è da circa tre anni a capo della Procura della Repubblica di Potenza. Una Procura già attrezzata di suo per quanto riguarda la locale DDA (direzione distrettuale antimafia) specializzata, in particolare, oltre che chiaramente di associazione a delinquere (in particolare di stampo mafioso art. 416 bis c.p.) anche di reati ambientali e reati contro la Pubblica Amministrazione.

E’ su questa direttrice che infatti si sono dipanate diverse inchieste già dalla fine degli anni ’90 (ricordiamo in particolare il processo c.d. dei “basilischi” che ha riconosciuto l’esistenza di un sodalizio mafioso nel vulture – melfese, i processi ai big del petrolio in Basilicata, Total ed Eni, l’inchiesta che ha portato al rinvio a giudizio dell’ex governatore Marcello Pittella sui concorsi truccati nella “sanità lucana”). Ad assicurare la continuità investigativa della Procura in materia è stata, in particolare, la dott.ssa Laura Triassi (da un anno alla procura campana di Nola). Attività investigativa in questo settore che ha avuto un ulteriore impulso con l’ex procuratore capo Loris Gay.

Il magistrato in pensione, Luigi Gay (foto: ANSA/ PERCOSSI)

Francesco Curcio in questi giorni è stato audito dalla commissione parlamentare antimafia in particolare sulla questione della criminalità organizzata in Basilicata, annunciando cinque nuovi colpi alla criminalità lucana.

Curcio ha anche sottolineato alcune criticità del suo ufficio, riproponendo ad esempio la necessità di istituire un centro operativo della Direzione investigativa antimafia.

Insomma, un ufficio quello della DDA lucana (guidato da Curcio) che ha sempre perseguito questo genere di reati (anche di un certo impatto mediatico) e che oggi lamenta una carenza operativa e problemi di coordinamento in particolare con la Procura di Matera.

Ma ancora la procura lucana non aveva indagato su casi di giudici “presunti” corrotti. Tabù che è caduto con la recente ordinanza di applicazione di misure cautelari nei confronti del magistrato in pensione (già procuratore di Taranto e Trani) Carlo Maria Capristo per avere – come si evince dall’ordinanza – favorito alcuni soggetti (segnatamente il faccendiere – avvocato Piero Amara, tratto in arresto in seguito all’applicazione della misura cautelare emessa) rispetto ad un loro accreditamento professionale presso le corporate prima ENI e poi Ilva.

Una vicenda questa salita alla ribalta nazionale sia perchè riguarda l’ennesimo caso di giudice coinvolto in inchieste giudiziarie che sta facendo perdere di credibilità l’intero corpo giudiziario e sia perchè è stato coinvolto anche il faccendiere – avvocato Piero Amara che appena qualche mese fa aveva fatto rivelazioni circa la presunta esistenza di una loggia massonica “Ungheria”.

Amara si sarebbe interessato presso gli ambienti del CSM “amici” per portare lo stesso Capristo alla procura di Taranto. Il procuratore quindi, fin dal 2016 (dalla data cioè del suo insediamento alla procura di Taranto e fino al suo pensionamento nel 2020) ha guidato il suo ufficio anche per il maxiprocesso cd “ambiente svenduto” (lo stesso che ha portato solo pochi giorni fa alle condanne in primo grado dell’ex presidente della regione Puglia, Nichi Vendola, nonchè della vecchia dirigenza dell’Ilva – in particolare dei fratelli Riva – ).

Il tale ultimo caso, secondo le accuse dei pm potentini, Capristo avrebbe avuto un ruolo di intermediario nei rapporti tra il commissario dell’amministrazione straordinaria dell’Ilva e altri due indagati (lo stesso Amara ed un consulente dell’Ilva, Nicola Nicoletti) arrivando a caldeggiare una sorta di “patteggiamento” strategico per l’azienda.

Insomma Francesco Curcio, classe 1956, faccia e modi gentili, quando c’è da esercitare l’azione penale, come si suol dire, non guarda in faccia a nessuno: nella sua rete infatti sono finiti finora politici, imprenditori e magistrati.

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