Il magistrato e le mazzette dei mafiosi
Il gip barese Giuseppe De Benedictis, fino all’anno appena trascorso componente del collegio penale del Tribunale di Matera, non è nuovo alle cronache. Appena lo scorso ottobre era stato accusato di detenzione illegale di arma da guerra, riferita ad una carabina delle 1.350 armi della collezione che aveva in casa.
Non è buon periodo per la magistratura italiana. Sul numero di oggi de L’Espresso diversi giuristi intervistati pensano, soprattutto dopo le rivelazioni del “caso” Palamara, che ad esempio il sistema delle correnti sia ormai incancrenito e contribuisce a minare i principi di indipendenza ed imparzialità della magistratura.
Il caso di De Benedictis amplifica questa sensazione diffusa anche perchè il suo arresto per corruzione in atti giudiziari segue altri recenti di un giudice di Catanzaro ed altri in Puglia.
De Benedictis aveva lasciato la toga durante un’udienza qualche giorno fa perchè, come si legge nelle intercettazioni, già sapeva che di lì a poco lo avrebbero arrestato. L’inchiesta, infatti, condotta dalla Procura di Lecce, su impulso della locale Dda, era da tempo sulle tracce del magistrato, arrestato in flagrante mentre riceveva una mazzetta da seimila euro da un avvocato del foro di Bari, Giancarlo Chiariello, anch’egli arrestato.
L’accusa per De Benedictis è di aver favorito alcuni esponenti della criminalità organizzata di Foggia e di Bari con provvedimenti a loro favorevoli a fronte di ingenti dazioni di denaro. L’esponente di un clan, intercettato, dice di “aver speso trentamila euro per comprarsi un giudice”. Nelle perquisizioni seguite all’arresto sono stati trovati in casa del giudice circa sessantamila euro, mentre nell’abitazione del figlio di Chiariello ben un milione e duecentomila euro contenuti in tre zaini.
Insomma questi, come altri casi, non fanno che confermare un particolare periodo di crisi della magistratura italiana.
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