Le “spine” di Renzi: il “caso” Boschi tra mass media e politica
La “sconfitta” elettorale di Renzi alle scorse elezioni del 4 marzo ha molteplici cause. Ma la “gestione” dei fedelissimi del giglio magico in più di un’occasione ha creato problemi all’ex presidente del Consiglio: ultimo in ordine di tempo quello del presunto conflitto d’interessi dell’ex ministro Maria Elena Boschi.
ROMA – Maria Elena Boschi, già ministro per i rapporti con il Parlamento (con il governo Renzi) e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (con Gentiloni), lo scorso dicembre ha citato a giudizio, per risarcimento danni, in sede civile l’ex direttore del Corsera, Ferruccio De Bortoli, per le rivelazioni del suo ultimo libro relativamente all’incontro tra la ex ministra e l’ad di Unicredit, Federico Ghizzoni.
Una questione, in realtà, tutta politico/mediatica, non essendoci stato praticamente alcunchè di penalmente rilevante e neanche di politicamente scorretto, che ha investito l’ex premier Matteo Renzi: quella della gestione del fallimento di quattro banche popolari (la Veneto Banca, la Banca Etruria, la Banca Popolare di Vicenza e CariChieti) e della nazionalizzazione del Monte dei Paschi di Siena è stata infatti una delle “patate bollenti” che l’ex segretario del pd ha dovuto affrontare durante il suo mandato.
Una questione, quella di un presunto conflitto d’interessi della ex ministra, che risulta essere una questione di opportunità personale: nel caso di specie quella dell’ex ministra, figlia dell’ex presidente di Banca Etruria (commissariata per un “buco” di 1 miliardo di euro) di incontrare l’amministratore delegato di una delle più importanti banche italiane. Ghizzoni, audito in commissione parlamentare d’inchiesta (quest’ultima formatasi all’indomani del fallimento delle quattro banche), ha negato essergli stata fatta alcuna pressione rispetto ad un’eventuale acquisto di Banca Etruria da parte di Unicredit.
Il procuratore di Arezzo, Roberto Rossi, audìto anch’egli presso la commissione parlamentare d’inchiesta, ha taciuto sul coinvolgimento di Pier Luigi Boschi nel nuovo filone d’indagine (bancarotta fraudolenta) sul crack di Banca Etruria. Ed è stato tale silenzio che ha dato luogo a svariate interpretazioni, tutte politiche e mass mediatiche (ma anche in realtà ad un procedimento disciplinare a suo carico da parte del CSM).
La questione dunque era quella di un ipotetico conflitto d’interessi di un componente del governo Renzi e del comportamento di quest’ultimo rispetto ai provvedimenti adottati all’indomani del fallimento delle popolari (il commissariamento, il salvataggio delle due Banche venete – con un sistema di “good bank” e “bad bank” gestito da Banca Intesa san Paolo e Ministero delle Finanze, il decreto banche popolari – con la notizia trapelata solo a distanza di più di due anni di un’operazione finanziaria di acquisto di azioni delle popolari effettuata dall’imprenditore Carlo De Benedetti, per la quale si è sospettata un’ingerenza di informazioni da parte dello stesso Renzi).
La relazione finale della commissione parlamentare d’inchiesta sul fallimento delle banche si è conclusa sostanzialmente con l’accertamento di una mancata vigilanza da parte di Banca d’Italia e della Consob (rispetto alla tutela dei risparmiatori nel primo caso e dei controlli su bilanci e solidità finanziaria delle banche nel secondo).