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“Doppio boom” e il teatro di Ulderico Pesce

La rappresentazione dell’attore e regista di Rivello ha chiuso la stagione teatrale organizzata dal circolo culturale de “La scaletta” di Matera

Dal boom economico alla stagione del terrorismo. Ulderico Pesce traccia una linea, rossa come il sangue e nera come il petrolio, lungo gli anni che vanno dalla morte di Enrico Mattei nel 1962 a quella di Pier Paolo Pasolini nel ’75.

Il primo, fondatore dell’industria di stato dell’ENI in pieno periodo del miracolo economico postbellico, trovato morto in seguito alla caduta del suo aereo personale. Ufficialmente un incedente aereo, ma rivelazioni e indagini successive hanno svelato uno scenario ben diverso.

Il secondo, Pasolini, intellettuale scomodo e non allineato, morto all’idroscalo di Roma la sera del 2 novembre del 1975. Ufficialmente (secondo la storia giudiziaria: una sentenza passata in giudicato ed una condanna scontata) per mano di Pino Pelosi, dopo un rapporto omosessuale. Pelosi sarà l’unico condannato per l’omicidio. Solo dopo che avrà scontato la sua pena confesserà in tv di essere stato solo “spettatore” di una vera e propria mattanza ad opera della manovalanza della banda della Magliana, di due siciliani e due neofascisti.

“Doppio boom”, dunque, quello del miracolo economico e quello delle stragi di Stato. Il primo figlio solo, secondo lo stesso Pasolini, di un “progresso senza sviluppo” che stava azzerando la classe contadina e quella del sottoproletariato. Il secondo determinato e voluto da pezzi di Stato “deviati” e dagli interessi del capitalismo.

Ulderico Pesce imbastisce un monologo di un’ora e mezza circa (con contributi fotografici – sono quelli del reporter materano Domenico Notarangelo sul set del film “Il vangelo secondo Matteo” – ed intermezzi al pianoforte, soprattutto il leit motiv di “Cosa sono le nuvole”) mettendo insieme date, fatti e documenti, secondo il suo stile di teatro “civile”, in cui però la componente poetica è essenziale.

Come quando racconta la foto di scena (dal set de “Il vangelo secondo Matteo”) della Madonna (interpretata dalla stessa madre di Pasolini) sotto il Cristo sulla croce. Della sofferenza di una madre. Quando quasi fa vedere la scena del massacro dell’idroscalo, con il calvario di Pasolini (che chiama la madre, che si rivede nella stessa morte del Cristo), con Johnny lo zingaro che si accanisce sul corpo martoriato del poeta (“frocio, comunista, femmina” – gli ripete). E quasi fa vedere l’ultima inquadratura, con un anello (un brillante e due aquile) ed una macchia di petrolio sul corpo ormai esanime di PPP.

E poi c’è il coup de theatre. La madre, la sofferenza della madre. Filomena Claps. “Sì, ma che c’entra?”

Dal 1972 Pasolini lavorava al romanzo “Petrolio”. Protagonisti ne sono due personaggi che rimandano ad Enrico Mattei ed a quello che diverrà il suo successore all’ENI, Eugenio Cefis. Di Mattei si sa molto, di Cefis meno. Quest’ultimo, secondo fonti di Giorgio Steimetz, Mauro De Mauro e lo stesso Pasolini, sarebbe il fondatore della loggia massonica P2 (essendo stato lui a nominare Licio Gelli).

E siamo al secondo “boom”, quello delle stragi di Stato, della strategia della tensione. Una serie di attentati (da piazza Fontana fino alla stazione di Bologna) che avevano il solo scopo di destabilizzare il Paese, paventando lo spauracchio comunista e all’occorrenza rovesciare la democrazia (il golpe Borghese). Tutto ciò che oggi è acclarato (possiamo dire con i crismi della Storia, quella giudiziaria dice un’altra cosa), Pasolini lo scriveva un anno prima della sua morte, con il famoso articolo “Io so”.

Molto di quell’articolo aveva la sua fonte in un libro, “Questo è Cefis”, che all’epoca, ad una settimana dalla sua uscita, fu ritirato dal mercato. Un altro che si era imbattuto in Cefis e che, come Steimetz e Pasolini, erano convinti ci fosse la sua regia (e non solo) nella morte di Enrico Mattei, fu il giornalista Mauro De Mauro, fatto sparire dalla mafia siciliana nel 1970.

E la madre di Elisa Claps che c’entra? Restivo era un parlamentare dell’epoca, beneficiario di mazzette da parte di ENi E Montedison (presidente Cefis), zio di quel Danilo Restivo autore dell’omicidio di Elisa Claps. il perfetto prodotto di quella borghesia capitalista di cui lo stesso Pasolini ne aveva presagito le storture.

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