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La Russia di Putin, al suo quarto mandato, tra populismo e fake news

Risultato plebiscitario alle ultime elezioni (dello scorso marzo) russe. La propaganda “di regime” anche in questo caso ha avuto un peso determinante: all’uscita dei seggi, ad esempio, manifesti inneggiavano a Vladimir Putin, colui che, tra l’altro, ha fatto costruire il “mega-ponte” con la Crimea (dichiaratasi indipendente dall’Ucraina nel 2014, annessa alla Federazione Russia senza alcun riconoscimento internazionale) e che ha definitivamente rotto ogni rapporto con l’Ucraina di Poroscenko. Un risultato plebiscitario anche per la pressoché assenza di ogni opposizione politica (il principale oppositore di Putin, Alexej Navalny è spesso costretto all’arresto).





Quello delle fake news è un comportamento molto usato oggi in “epoca populista”, ma già noto come vera e propria tecnica da regime dittatoriale (la propaganda di regime si basa proprio su notizie costruite ad arte) o da servizi segreti.
E questo Putin lo sa molto bene, essendo stato per molto tempo dirigente del KGB ed essendoci stati durante i tutti questi quasi vent’anni di presidenza tanti e diversi episodi che hanno tirato in ballo contemporaneamente i servizi russi ed il presidente: dall’eliminazione delle spie russe, da Litvinenko in poi, alla misteriosa morte della giornalista Politkovskaia, dalla repressione del dissenso interno, soprattutto del suo attuale e principale oppositore, Navalny, più volte arrestato per aver manifestato contro il presidente, al caso Ucraina e fino all’esplosione di una palazzina (alla periferia di Mosca) che nel 1999 provocò centinaia di morti e che diede inizio alla seconda guerra cecena. Quest’ultimo episodio avvenne quando Vladimir Putin era stato appena eletto come “successore” di Boris Eltsin ed è un chiaro esempio di cosa siano sia le fake news che la costruzione di un nemico di comodo. Da subito fu seguita la c.d. “pista cecena” (e per cui si scatenò la seconda guerra cecena): in realtà non sono mai state trovate prove del coinvolgimento di terroristi ceceni, laddove invece diverse fonti hanno indicato nei servizi segreti del KGB (di cui Putin è stato dirigente per diverso tempo) i veri autori della strage. La pista cecena e la guerra che ne seguì sarebbero dunque esempi perfetti dei modi “da regime” per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica (nel caso specifico dai guai giudiziari sia di Eltsin che di Putin e ) e per fomentare (attaccando militarmente, nel caso russo, la Cecenia) il consenso popolare.

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