Quella volta a casa di Leonardo Sacco
L’ultimo dei “meridionalisti” italiani e il primo dei giornalisti lucani si è spento a Matera (la città di cui ha contribuito, tra i primi, al riscatto sociale e culturale) all’età di 94 anni.
Il decano dei giornalisti “locali”, sicuramente uno dei primi (se non il primo) a svolgere questo lavoro come professione in una terra, la Lucania, appena uscita dalla II guerra mondiale. E da allora che Leonardo Sacco portava avanti nel suo impegno editoriale i valori di quel partito d’azione di cui era stato esponente di spicco sin dalla prima ora.
Aveva quasi ottantaquattro anni quando ci siamo incontrati.
“Pronto? E lei che ha partecipato a quell’esperienza con Lello Giuralongo?”
“Si.” – risposi.
“E mi risulta che fa il giornalista..”
“Esatto.” – gli feci di rimando.
Raffello Giuralongo (senatore PCI, scomparso qualche tempo fa), nell’esperienza politica ed editoriale della città di Matera, della Basilicata e di tutto il mezzogiorno, era praticamente il suo alter ego. Un sodalizio durato dai tempi della resistenza, passato attraverso l’esperienza della “comunità olivettiana” e dell’avventura editoriale di Basilicata editrice.
L’ultimo dei meridionalisti dopo la morte di Giovanni Russo qualche mese fa, Sacco aveva “conosciuto personalmente Manlio Rossi Doria, Carlo Levi, Rocco Scotellaro, con i quali intratteneva rapporti di stima e di amicizia oltrechè di comune impegno.
La sua era una casa “modesta”, in uno di quei quartieri popolari (rione Piccianello) concepiti dalla riqualificazione urbanistica operata nell’ambito dell’INU – l’Istituto Nazionale di Urbanistica voluto da Adriano Olivetti – (di cui lo stesso Sacco, con Giuralongo, era uno dei refenti per il territorio del mezzogiorno).
Entro nella sua casa e lo raggiungo nel suo studio sommerso da libri, riviste e giornali.
“Queste sono tutte pubblicazione edite da Basilicata editrice” – e mi fece vedere testi di Levi, Scotellaro, De Martino (“Mondo popolare e magia in Lucania”), ma anche suoi stessi (“L’orologio della Repubblica”).
“Con Scotellaro abbiamo condiviso anche le battaglie contadine degli anni ’50.” – mi disse guardando la sua notevole libreria (solo una piccola parte di un patrimonio da migliaia di volumi, da cui è stata ricavata una piccola biblioteca in uno di quei borghi, La Martella, voluti dall’architetto Luigi Piccinato.”
Non certo una persona facile, un carattere spigoloso, usciva ancora tutte le mattine per comprare il giornale, guidando la sua utilitaria.
“Allora, – mi fa – torniamo a noi: ti ho chiamato per metterti alla prova su un pezzo..” I
ll periodico “Basilicata” (di cui Sacco era direttore responsabile e fondatore) era alla fine della sua esperienza editoriale, ma Sacco non si arrendeva. Un fatto di cronaca aveva colpito la sua sensibilità: una ragazza rumena di sedici anni era stata trovata impiccata in una masseria (dove si è ipotizzato anche si consumassero riti satanici) alle porte di Matera.
Prese in mano un quotidiano di quei giorni (mass media locali e nazionali rilanciavano la notizia). Pressapoco tutti attaccavano il pezzo così: “La tragedia della ragazza rumena..”.
“Ecco, così, ad esempio, – mi disse – non bisognerebbe mai iniziare”.
Da buon giornalista attento ai fatti e non all’enfasi, mi dette la dritta per quell’articolo.
L’inizio è la cosa più importante, mi fece capire – e che anche quando si va per intervistare un giornalista, se questi è di razza, va a finire sempre che è lui ad intervistare te.