“Corea del nord, nemico di comodo?”
I vari e ripetuti incontri degli ultimi mesi tra rappresentanti del governo Trump e quelli del dittatore coreano Jong Hun nonché il riavvicinamento tra le due Coree, hanno sancito, quanto meno mediaticamente, un cambio di strategia senza precedenti.
Kim Jong Hun è lo stesso che ha portato avanti, per diverso tempo , una “strombazzata” campagna mediatica per i test nucleari con minacce sia all’America che alla Corea del sud. Gli Stati Uniti più di una volta hanno disposto pattugliamenti militari al largo dell’alleata Corea del Sud. Poi, all’improvviso, lo scorso febbraio,in occasione dei Giochi Olimpici invernali, le parti in causa, hanno dato inizio a questo inaspettato “valzer della riconciliazione” che sa di un cambio a 360°.
Chi conosce un po’ di storia (anche quella più recente) o di geopolitica francamente non può non pensare che dietro tutta questa storia possa esserci lo zampino dei servizi segreti. I casi, ad esempio, dell’Iraq di Saddam Hussein o quello della seconda guerra cecena insegnano.
Agli Stati che hanno bisogno continuamente di confermare una leadership mondiale non è infatti estranea la strategia di creare ad hoc nemici di comodo per giustificare azioni eclatanti che abbiano l’effetto di aumentare la popolarità di chi le compie.
Così, in uno scenario globale radicalmente cambiato negli ultimi vent’anni, quando tutti i “nemici” sono venuti meno (a cominciare dallo “spauracchio” comunista della Russia, poi quello dell’Iraq ed infine, addirittura, quello di Cuba), ci si è dovuti adattare alle mutate situazioni, con un Paese come la Cina che, ad esempio, è diventato player economico/politico di primo piano e con la Corea del nord, dunque, a ricoprire una posizione strategica negli equilibri globali.
Diversamente non si spiegherebbero le esibizioni (anche farsesche) di forza militare di Kim Jong Hun, anche perché la Corea del nord, ricordiamo, è un piccolo Paese, “diviso” dalla Corea del sud (sia geograficamente che economicamente o politicamente) come risultato di guerre e conflitti che hanno diviso in due quello che prima era un unico Stato. E se non fosse appunto per la vicinanza strategica della Cina, conterebbe davvero quasi niente. Invece si è trovata ad essere al centro dell’attenzione mediatica globale, in un momento storico in cui Stati Uniti e Cina si contendono il primato commerciale mondiale (con gli Stati Uniti che di recente hanno imposto i dazi nei confronti della Cina).
Anche l’immagine di Kim Jong Hun sembra prestarsi perfettamente ad una speculazione mediatica, sia interna che esterna: all’interno del Paese con le celebrazioni di massa e popolari e le ovazioni; all’esterno con l’esibizioni di forza, le eliminazioni misteriose – quella del fratellastro – o le esecuzioni di chi non mostra apprezzamenti. Tutto ciò chiaramente al netto della storia e della cultura del Paese: il presidente discende direttamente da una famiglia considerata alla stregua di divinità, quindi i sudditi accettano le decisioni come statuizioni divine; per cui il popolo stesso potrebbe non soffrire la situazione come una dittatura, addirittura anche le eliminazioni fisiche e la repressione del dissenso rientrerebbero in quest’ottica. Insomma, le regole riconosciute a livello internazionale dei diritti umani in loco assumerebbero tutt’altra dimensione (diverse volte organizzazioni umanitarie internazionali hanno denunciato violazioni dei diritti umani).
E’ dunque avvenuto un cambio a 360° nei rapporti Stati Uniti – Corea del Nord: prima l’incontro tra l’ex capo della CIA (e neo segretario di Stato americano) Mike Pompeo ed il leader coreano Kim Jong Hun, poi i contatti tra i due presidenti coreani, poi ancora le dichiarazioni di voler denuclearizzare la Corea del Nord ed infine l’incontro con Donald Trump (prima annunciato, poi ritirato ed infine “ripristinato”) previsto per il 12 giugno a Singapore (annunciata anche la presenza dell’altro presidente coreano). Da ultimo l’incontro tra il vice di Kim Jong Hun, Kim Jong – chol (braccio armato e uomo dei servizi) ed il Segretario di Stato Mike Pompeo – 31 maggio – presente anche l’uomo che ha guidato (e guida) una speciale missione della CIA (con 600 agenti) in Corea del Nord, Andrew Kim.
Tutto ciò a soli qualche mese dalle minacce e dalle esibizioni di forza del leader coreano: quindi o è un “miracolo” della diplomazia (in primis di Stati Uniti e Cina che per regolare i loro rapporti, soprattutto commerciali, avrebbero fatto pressione sulla Corea del nord, ma anche di Corea del Sud, alleata storica degli Stati Uniti nel sud est asiatico) oppure il leader coreano è solo un “fantoccio” nelle mani dei grandi player economico-militari mondiali (Stati Uniti e Cina) ovvero, più presumibilmente, dei loro servizi segreti.