Il laboratorio urbano di Barriera/Aurora a Torino
Attraversando il centro storico, a righe, come il quartiere “giovane” (il quadrilatero), si passa dal liberty “reale” delle vie e delle piazze più conosciute e poi da quello che è il cuore pulsante, il polso, di questa città: Porta Palazzo, con i suoi mercati.

Dopodichè Barriera di Milano è lì, sulle direttrici di vie come corso Giulio Cesare, corso Vercelli, corso Venezia, attaccato al quartiere Aurora.
E’ il quartiere a più alta densità di popolazione di tutta Torino (i residenti sono circa 36.000) con un’enclave di immigrati di tante e diverse nazionalità (come poteva essere il quartiere di san Salvario fino a 10/20 anni fa). Barriera è stato, fino a tutti gli anni ’80, un quartiere “operaio”.
Fabbriche e industrie, sorte nella seconda metà dell’ottocento, e che oggi rimangono come “reperti” di archeologia industriale.

Lungo corso Vercelli, nel cuore del quartiere, incontro una coppia di torinesi doc: “Nonostante problemi come l’immigrazione fuori controllo e lo spaccio di droga a cielo aperto, qui ancora, in alcuni posti si vive una situazione comunitaria.” – Mi dice la ragazza con i capelli tinti di blu.
“Vedi lì? – e mi indica una via stretta di fronte a noi chiusa da vasi con piante e fiori – quello è il circolo di “Via Baltea”, un posto dove mangiare con pochi soldi, ad esempio. E’ un circolo “sociale” aperto a tutti.”
Do un’occhiata: ci sono alcuni che giocano a biliardino all’aperto. Gestito da una cooperativa, la “Sumisura”, è una “community hub” (un’ex tipografia trasformata in uno spazio per la comunità) che gestisce diversi progetti tra sostenibilità, accoglienza e impatto sociale.
“Questa è la Barriera di Milano che noi amiamo, al netto delle frequenti risse, degli schiamazzi, dovute al controllo del territorio da parte dei diversi gruppi di spacciatori (di diverse nazionalità). – Dice il compagno, capelli lunghi e barba.
Poco più avanti i “Bagni Pubblici di via Agliè”, altro centro culturale caratterizzato, tra l’altro, dalla possibilità per chiunque di usufruire di servizi come le docce (a prezzi molto contenuti). E’ anch’esso punto di riferimento di comunità, tanto da essere chiamata “Casa del Quartiere Barriera di Milano”. Comprende anche un ristorante, una sala riunioni, un giardino e laboratori di artigianato.
E poi c’è il “Check point di via Antonio Cecchi” (più esattamente nel quartiere di Aurora, che in molti associano a Barriera), punto di riferimento dell’omonima via (dove ci sono anche spazi pubblici come un giardino attrezzato ed una piscina comunale).
Anch’esso “casa del quartiere” o hub multiculturale, è uno spazio di incontro che ha come obiettivo principale l’integrazione sociale e la promozione di iniziative di giovani associazioni multiculturali. Sorge su edifici già bombardati durante la II guerra mondiale ed è gestita dall’associazione “Il campanile”.
Una zona, quella dei quartieri “Barriera/Aurora”, attraversata (e profondamente segnata da un punto di vista urbanistico) dal fiume Dora, affluente del Po, il cui lungo fiume è oggi interessato da un progetto di riqualificazione, di cui da conto, tra l’altro, “Torino urban lab” in un’interessante mostra, “Past, now, soon”.
Questa evidenzia le trasformazioni della città dagli anni ’50/60 ad oggi, con gli interventi di riqualificazione già eseguiti (come quello al Parco Valentino) e quelli previsti per il prossimo futuro: oltre al rifacimento del lungo Dora, anche il progetto della linea 2 della metropolitana che dovrebbe attraversare proprio Barriera.
