David Cronenberg: il regista/filosofo e il cinema della carne
Seconda volta del regista canadese ottantaduenne a Matera per l’anteprima di “The Shrouds: segreti sepolti“.
Il film in uscita nelle sale nei prossimi giorni rappresenta l’ultimo tassello di una cinematografia che sin dagli esordi (erano gli inizi degli anni ’80), con pellicole come “Videodrome“, costituisce una sua propria e personale visione del mondo. La visione di Cronenberg. Quella della carne, del qui ed ora. Di una poetica, atea ed esistenzialista, che esclude dal proprio orizzonte prospettive religiose di “mondi ultraterreni”.
Questo si traduce in una sorta di ossessione per la materia, per la trasformazione della materia, ed inevitabilmente per quell’afflato (l’anima) che le da vita.
Nella prima parte del suo intervento, prima della proiezione del film, l’autore si è concentrato sul suo modo di fare cinema ed in questo suo ultimo film ha voluto esplorare il sentimento della morte.

“Vincent Cassell – protagonista del film – è un imprenditore nel settore dell’alta tecnologia che tramite quest’ultima cerca di rimanere in contatto con la propria moglie morta.”
Nella seconda parte, invece, ha raccontato il proprio modo di fare cinema, ovvero come costruisce i propri film (dalla sceneggiatura in poi): “Le storie che racconto hanno sempre dei finali aperti. I personaggi tratteggiati continuano poi a vivere nell’immaginario del pubblico che continua dunque a farli vivere anche dopo la fine del film.”
Cronenberg si può definire un regista cult, di genere, che soprattutto negli anni ’80 rientrava nella schiera di autori che si cimentavano con il cd fantasy. Un genere a cui appartengono film come “1997: fuga da New York” o “Blade Runner”. Un genere che ha tra i suoi capostipiti letterari il “Frankenstein” di Mary Shelley o “1984” di George Orwell.
Un regista che ha segnato l’immaginario collettivo di quegli anni (in particolare con “La mosca“, che apriva il filone del “body horror”), soprattutto delle giovani generazioni.
Cronenberg ha raccontato come per l’uscita di “Crash” alla fine degli anni novanta, il film fu accolto (soprattutto a Venezia e a Cannes) con reazioni scandalizzate da parte del pubblico adulto. “Nelle visioni riservate ai più giovani, invece, questi lo hanno accolto con maggiore naturalezza ed apertura.”